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A volte bisogna andare a vedere per comprendere l’ovvio. Così dopo alcuni anni di ricerche, viaggi, visite a case progettate da bravi architetti per loro stessi e per dei committenti illuminati abbiamo capito appunto che una buona casa è quella in cui si vive bene.
Il vivere bene nella sua accezione più ampia ed estesa è alla base dell’abitare e rappresenta il cardine della buona architettura residenziale. L’abitare domestico riguarda fondamentalmente la vita privata, le relazioni tra chi vive i luoghi, le relazioni tra gli ambienti e gli elementi che li compongono e li popolano: l’architettura degli interni.
L’architettura abbandona in parte la propria rigidità disciplinare per avventurarsi in una dimensione differente ed autonoma. Porta avanti principi e concetti propri di ogni architetto provando ad esprimerli e declinarli negli ambienti domestici in una molteplicità di modalità differenti e personali. Ecco che così lo spazio progettato e l’arredo si fondono in un nuovo organismo che non è altro che la cristallizzazione di frammenti delle storie della vita dei fortunati abitanti di questi luoghi. L’arredo disegnato, mobili di famiglia, lampade, oggetti recuperati, quadri, diventano testimonianza e narrazione.
Gli architetti incontrati e con i quali abbiamo profondamente dialogato si cimentano in varie strade progettuali, a volte ristrutturano con tocco delicato, altre volte costruiscono spazi nuovi lavorando con la luce, i volumi e i materiali. Gli interni che ne nascono stabiliscono connessioni trasversali tra contemporaneità e frammenti del passato, in maniera da creare continuità con le tradizioni, con l’antico e la memoria.
Nascono in questo modo case che hanno una qualità spaziale che va oltre le regole del costruire o del ristrutturare, oltre la risoluzione funzionale dei bisogni. Indagano il più intimo tema della vita, dei sentimenti, dell’anima. Fulvio Irace sostiene correttamente chela storia dell’architettura d’interni spesso fatica a trovare una propria espressione autonoma, emarginata perché progettata solo a volumi, pieni e vuoti ed il progetto degli interni rimane come un appendice in sottofondo come se fosse di seconda importanza, ed allo stesso tempo gli interni progettati diventano solo una carrellata di oggetti di design famosi ed iconici che vengono posizionati per riempire. Le nostre visite ci hanno permesso di comprendere al contrario come la storia degli interni negli ultimi trenta anni ha dimostrato un potenza e una trasformazione senza pari: arredi da poco prezzo, mobili e materiali riciclati, elementi presi da altri settori e trasformati per la casa, hanno messo i progettisti in una situazione di grande creatività ed energia.
Parallelamente ci è risultato particolarmente evidente come i mutamenti della società negli anni abbiano influito nel modo di vivere l’ambiente domestico e lo spazio. Per anni il dialogo sulla casa è stato unicamente incentrato sui temi dell’efficienza energetica, trascurando la parte umana.
Oggi, dopo o forse ancora durante la pandemia, le persone si stanno accorgendo dell’importanza dell’abitare in luoghi che non possono essere solo funzionali ed efficienti macchine tecnologiche, ma luoghi che servono ad accudire corpo, anima e mente. Una necessità sempre più urgente diviene quindi quella di trasmettere la qualità dello spazio in cui si vive, si dorme, si mangia e ci si lava. Ridare dignità “al dentro” come valore cardine per il legame con la tradizione. Ed alcune di queste case visitate, case dai muri antichi testimoniano proprio come sia possibile ridare vita e superare egregiamente il tempo trasformandosi in abitazioni moderne senza tempo.
Le nostre visite hanno visto e sentito questo: architetti liberi di esprimersi, clienti fiduciosi, appassionati ed attenti, hanno dato vita a delle architetture di interni che generano storie domestiche. Raccontano le relazioni tra le persone, i viaggi che hanno fatto, i loro interessi. Un percorso abitativo che mette in luce le passioni per il cibo, gli oggetti, la piacevolezza del condividere con amici la casa e lo stare in compagnia. Architettura disegnata e arredo si fondono ed ogni volta che siamo stati in una di queste case siamo usciti con il sorriso e più ricchi.
Sono progetti che non lavorano sulle mode e non si esauriscono nel proprio tempo storico. Gli interni in questo preciso momento storico diventano uno snodo di ricerche e scelte cruciali. Da una parte la città ricca di edificazioni deve trovare il modo per poter soddisfare le nuove esigenze e sfruttare tutta l’edilizia presente e dall’altra le campagne con borghi, sempre più abbandonati, necessitano di interventi e di nuova vita. Il nostro percorso di ricerca ha evidenziato come generazioni diverse di professionisti ed altrettanti committenti, hanno trovato il filo conduttore per realizzare opere significative dal punto di vista umano. Un tema per noi caro quello dell’uomo che vive lo spazio, come lo manipola e come lo rende proprio.
Sicuramente gli abitanti di queste case, nel loro intimo, ci sono apparsi più a loro agio che altrove. La loro rilassatezza del vivere appare anche nelle sperimentazioni progettuali adottate e nella leggerezza con cui convivono anche con il “non finito” l’imperfezione quali parti di un percorso che è prima di tutto un cammino di vita.

 

Questo articolo rappresenta solo un piccolo assaggio della nostra ricerca che ha portato alla pubblicazione del volume “a casa dell’architetto”
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